Note al programma Quartetto Jerusalem del 2 dicembre 21

30 Novembre 2021 | News

Quartetto Jerusalem
Alexander Pavlovsky violino
Sergei Bresler violino
Ori Kam violaKyril Zlotnikov violoncello

F. Mendelssohn (1809-1847)   Quartetto per archi n. 4 in mi min., op. 44 n. 2
I. Allegro assai appasionato – II. Scherzo. Allegro di molto – III. Andante – IV. Presto agitato

A. Webern (1883-1945)   Langsamer Satz per quartetto d’archi, WoO 6

A. Dvorak (1841-1904)  Quartetto n. 12 in Fa magg. op. 96 ‘Americano’
I. Allegro, ma non troppo – II. Lento – III. Molto vivace – IV. Finale

 

Note al programma
Mendelssohn alla fine dei suoi vent’anni, felice e famoso, scrive una serie di tre quartetti in stile “tardo” classico. Nel Quartetto n. 2 (primo in ordine di tempo), il compositore entra subito nell’azione dell’Allegro, più sostanzioso (per dimensioni e pathos), con il suo soggetto principale in continuo movimento su un accompagnamento agitato. Il secondo movimento è il veloce Scherzo, con i caratteristici elfi di Mendelssohn che sgambettano su scale ascendenti e discendenti. Il terzo movimento, lento e dolcemente sentimentale, è nello stile della Romanza senza parole (brani per pianoforte solo suonati in ogni casa borghese nell’Europa di metà secolo). Il finale è lussureggiante e tersamente ritmico, una tavolozza di scrittura concertante che sposa l’arte musicale con il virtuosismo tecnico. L’incantevole Langsamer Satz di Webern è profondamente romantico, una miscela di frasi ampie, quasi brahmsiane; un tema centrale, rapsodico con una serie di sostanziosi unisoni e un epilogo di armonie tranquille e fluttuanti a chiudere questo toccante ricordo di gioventù, che i Moldenhauer, nella sua biografia, hanno definito “pura musica d’amore”. Di gran lunga il più popolare dei quartetti di Dvořák, l’Americano riflette il suo obiettivo di “scrivere qualcosa di veramente melodioso e semplice”. Il primo movimento si apre sui trilli con un assolo lirico della viola. I due temi principali attingono alle scale pentatoniche (cinque note “bianche” fa, sol, la, do, re), che si trovano spesso nella musica popolare (non solo americana). Il Lento è uno dei più evocativi di Dvořák. La sua malinconica melodia si muove gradualmente fino ad un climax appassionato prima di dissolversi in una chiusura sommessa, con la nostalgica melodia al violoncello per l’ultima volta, accompagnata da note pizzicate. Il terzo movimento è costituito da un unico tema ritmico e comprende due segmenti contrastanti – una sezione vivace in Fa maggiore e un’altra in fa minore. Il movimento contiene, inoltre, una variante del soggetto principale esposta più volte nel registro superiore del primo violino: la riproduzione del canto di un uccello della campagna americana (probabilmente il tanager scarlatto). Il Finale propone un modello ritmico che può essere un riferimento ai tamburi dei nativi indiani. Il primo violino danza la sua gioiosa melodia sopra il suo battito continuo. A metà del movimento, il tempo rallenta e Dvořák introduce un corale, probabilmente ispirato ad uno degli inni che gli piaceva suonare all’organo. Dopo il corale, una riaffermazione del primo tema porta ad un finale decisamente felice.

Alessandro Arnoldo

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