Doric String Quartet
Alex Redington e Ying Xue violini
Hélène Clément viola
John Myerscough violoncello
E. Elgar (1857 – 1934)
Quartetto in mi min. op. 83
Allegro moderato | Piacevole, poco Andante | Finale: Allegro molto
B. Bartók (1881 – 1945)
Quartetto n. 2 op. 17
Moderato | Allegro molto capriccioso | Lento
R. Schumann (1810 – 1856)
Quartetto n. 3 in La magg. op. 41
Andante espressivo – Allegro molto moderato | Assai agitato| Adagio molto | Finale. Allegro molto vivace – Quasi Trio
Note al programma
L’umore del Quartetto di Elgar è ironico, i taglienti gesti ritmici sono in contrasto con le armonie incerte. L’Allegro è intricato, contraddistinto da una tonalità fluida. Il secondo tema sembra morbido e lirico, ma il suo ritmo si rivela scattante, come all’inizio. È straordinario che musica tanto tesa fluisca in modo così spontaneo. La moglie di Elgar paragonò il secondo movimento a un “sole rapito”, forse le lunge frasi distese, più volte ripetute le ricordavano un caldo pomeriggio d’estate. Non mancano, però, delle pennellate di dolore e il suono, sebbene dolce, è sottile, spesso in sole tre parti, cosparso di armonici e infine smorzato. Una solarità fugace, autunnale. Ancora Lady Elgar scrisse che il finale “scorre come l’assalto di una cavalleria”. La spinta dell’apertura giustifica questa descrizione, così come la portata del finale.
Tra le opere del suo tempo, il Quartetto n. 2 di Bartók è strutturato in modo insolito, iniziando e finendo con movimenti lenti che compensano un movimento centrale veloce. L’ungherese Kodály caratterizzò i tre movimenti come episodi che rappresentano “la vita pacifica, la gioia e la sofferenza”. Il Moderato è fondamentalmente in forma di sonata e le prime diciannove misure contengono la totalità del materiale motivico. Bartók termina il movimento lasciando un senso d’attesa, subito estinto dall’avanzare energico dello Scherzo. La coda è eterea, ma la cadenza finale è netta. C’è un senso di “altro” dietro alle note, e questo senso di ciò che non c’è è l’essenza del quartetto.
Da solo a Lipsia (la moglie Clara era in tournée), Schumann intraprese lo studio dei quartetti per archi di Mozart e Beethoven che lo portarono a comporre i tre quartetti dell’op. 41. Nel n. 3, l’influenza di Mozart e Beethoven si avverte immediatamente, non solo nell’ambiguità tonale dell’introduzione, con la sua armonia cromatica, ma anche nella scelta di stabilire molto brevemente la tonica (casa) prima di passare rapidamente ad altre tonalità. Il motivo discendente di due note del primo violino, che apre l’opera, segnala l’inizio di ciascuna delle sezioni principali del movimento in forma di sonata. Il tema dell’Assai agitato dà origine a quattro variazioni (la terza può ricordare il movimento lento del Concerto per pianoforte KV 488 di Mozart). Dopo un movimento lento e liricamente tormentoso, Schumann presenta un finale di sbarazzina spensieratezza, con un Quasi trio che guida il quartetto verso il suo entusiasmante finale.
Alessandro Arnoldo