Note al programma Enrico Dindo & I Solisti di Pavia 26 marzo 2024

22 Marzo 2024 | News

Enrico Dindo violoncello
I Solisti di Pavia

D. Popper (1843 – 1913)
Requiem per tre violoncelli e archi (orch. Enrico Dindo)

S. Prokofiev (1891 – 1953)
Sonata in Do magg. op. 119 (orch. Enrico Dindo)
Andante grave | Moderato | Allegro, ma non troppo

M. Weinberg (1919 – 1996)
Sinfonia n. 1 per orchestra d’archi op. 145
Allegro | Andante | Allegretto | Presto

In collaborazione con la Fondazione Pro Canale di Milano

Note al programma

Popper non fu solo un violoncellista di successo; come molti dei suoi colleghi virtuosi ha lasciato ai posteri una serie di composizioni per il suo strumento, tra cui il Requiem per tre violoncelli, in memoria del suo editore Daniel Rahter. Si tratta di un Adagio in tonalità minore e in forma ternaria con un accenno alla forma sonata. Il secondo tema è basato sulla celebre Ave Maria di Schubert. Aperto da un trio di violoncelli, il brano stabilisce un’atmosfera suggestiva e pensosa. Ad ogni assolo di violoncello emerge una nuova voce di dolore e la malinconia si trasforma in frustrazione; il tumulto interiore si risolve infine in una timida accettazione.

Il decreto Zhdanov (1948) prendeva di mira Shostakovich, Khachaturian e Prokofiev, accusandoli di formalismo, crimine ideologico dell’elitarismo che si diceva infettasse i compositori nazionali, poi volti a rendere vilmente omaggio alle convenzioni formali della vita culturale dell’Occidente capitalista. Come, in un clima simile, Prokofiev sia riuscito a far passare la sua Sonata per violoncello davanti ai censori rimane un mistero; forse ha a che fare con il calibro dei musicisti scelti per eseguire l’opera alla sua prima: Richter al pianoforte e Rostropovich al violoncello. Tuttavia, se il crimine è il formalismo, questa sonata è colpevole! Essa comprende tre dei tradizionali quattro movimenti della sonata classica: un primo movimento in forma di sonata-allegro, uno scherzo e un trio nel secondo e un rondò finale. A favorirla ideologicamente, tuttavia, potrebbero essere la semplicità e il fascino diretto dei suoi materiali musicali – un cenno in direzione dell’idioma popolare – e la quantità di tempo che il violoncello trascorre cantando nel suo registro più basso, evocando la voce grave che la vocalità russa ha sempre privilegiato.

Weinberg sembra essere emerso negli ultimi anni dall’ombra del suo grande amico Shostakovich e di Prokofiev, promosso da interpreti illustri come Gidon Kremer. Una maggiore conoscenza delle sue numerose opere rivela un musicista con molto da dire, capace di rara bellezza in un mondo tormentato, una bellezza che spesso mantiene nonostante le gravi tragedie della sua vita di ebreo prima in Polonia e poi nell’URSS di Stalin. La prima delle sue Sinfonie, è un arrangiamento (ampiamente rivisto, con un nuovo terzo movimento) del suo Quartetto per archi n.2: la versione orchestrale è dedicata alla memoria della madre e della sorella. La partitura bilancia le tessiture di stampo Čajkovskiano del primo movimento con la piena disperazione del Presto finale, con una straniante miscela di allegria e paura.

Alessandro Arnoldo

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