Trio Boccherini
Suyeon Kang violino
Vicki Powell viola
Paolo Bonomini violoncello
con Ramon Ortega Quero oboe
W.A. Mozart (1756-1791)
Quartetto in Fa magg. KV 370 per oboe e trio d’archi
Allegro – Adagio – Rondò. Allegro
S. Dalfovo (*1998)
Aletsch (Prima esecuzione assoluta su commissione della Società Filarmonica di Trento)
L. Weiner (1885-1960)
Trio per archi in sol min. op. 6
Allegro con brio – Vivace – Andantino – Allegro con fuoco
B. Britten (1913-1976)
Phantasy quartet in fa min. op. 2 per oboe e trio d’archi
E. Dohnányi (1877-1960)
Serenata per trio in Do magg. op.10
Marcia: Allegro – Romanza: Adagio non troppo, quasi andante – Scherzo: Vivace – Tema con variazioni: Andante con moto – Rondò: Allegro vivace
Mozart è ancora alle dipendenze dell’arcivescovo di Salisburgo quando riesce ad ottenere un permesso per recarsi a Monaco dove incontra l’amico Friedrich Ramm, brillante oboista per il quale compone questo quartetto, veicolo per il suo virtuosismo così come per l’abilità di Mozart di esaltare le qualità essenziali dello strumento. Tre i movimenti nello schema veloce – lento – veloce alla maniera di una sonata o di un concerto. Il primo è una sonata ordinata, essenzialmente monotematica, inusuale per Mozart. L’ Adagio è breve ma intenso, una vetrina lirica ideale per il timbro dell’oboe. Infine, la luce benefica del Rondò, la cui gioiosa cadenza ricorda il primo movimento ma con la maggiore libertà di una forma di danza.
Mentre è studente al Royal College of Music, Britten scrive il Phantasy Quartet per oboe e archi dedicato a Leon Goossens, rinomato oboista inglese dell’epoca. La predilezione di Britten per lo strumento ad ancia doppia è chiaramente espressa nella sua scrittura solistica, che inizia con una melodia nostalgica dell’oboe su uno sfondo di archi simile a una marcia, seguita da una sezione più veloce piena di passaggi ritmici scattanti da entrambe le componenti strumentali. Un episodio malinconico segna il centro della narrazione ad arco dell’opera, con trame di archi e sonorità che possono evocare il linguaggio pastorale di Vaughan Williams. Il tema lirico di apertura e il ritmo di marcia sono ripresi fino a quando il violoncello svanisce in lontananza.
Una parentesi ungherese con questi due brani di Weiner e Dohnányi, entrambi capaci di ricordare l’eleganza di Mendelssohn. Due opere cristalline ed equilibrate, con spazio al lirismo come alle variazioni, con slanci eroici anche di natura popolare e brevi momenti squisitamente da belle époque viennese.
Alessandro Arnoldo